Amazon ultima ora: nel mirino della Procura

Amazon ultima ora: indagine per frode fiscale, ombre sulle vendite da paesi terzi e sull’algoritmo

Amazon ultima ora: inchiesta per maxi frode. Sotto accusa le vendite da paesi terzi e il sistema algoritmico.

Amazon nel mirino della Procura di Milano: accuse di maxi frode fiscale e indagine sull’algoritmo

Amazon, il colosso dell’e-commerce, è al centro di una complessa indagine. L’accusa è di frode fiscale, una somma considerevole che potrebbe superare il miliardo di euro. Ma l’inchiesta non si ferma qui: mette in discussione un aspetto fondamentale del suo business, le vendite di prodotti provenienti da nazioni non appartenenti all’Unione Europea.

Qual è il meccanismo che ha portato a questa contestazione? Quali sono i rischi per l’azienda? E, soprattutto, cosa significa tutto questo per i consumatori che ogni giorno acquistano prodotti su Amazon?

Non ci limiteremo a riportare i fatti. Approfondiremo la questione, analizzando le implicazioni concrete di questa indagine. Cosa succederà se le accuse dovessero essere confermate? Quali scenari futuri si aprono per il commercio online?

Fisco: Amazon indagata per frode da 1,2 miliardi, l’inchiesta punta il dito contro il sistema predittivo

Scrutinio accurato su Amazon da parte della Procura di Milano, con l’ipotesi di una evasione fiscale colossale, quantificata in 1 miliardo e 200 milioni di euro. Tre dirigenti di spicco della multinazionale americana risultano indagati. Sotto la lente d’ingrandimento, l’algoritmo sofisticato utilizzato dal colosso dell’e-commerce, grazie a un’analisi poderosa condotta da Sogei. La compagnia si dichiara estranea a qualsiasi illecito.

L’indagine della Procura di Milano coinvolge Amazon in quanto entità giuridica e tre alti funzionari della casa madre statunitense. L’ammontare della presunta frode fiscale nelle vendite a distanza sul territorio italiano nel triennio 2019-2021 è stato stimato in 1 miliardo e 200 milioni di euro. Tale cifra, tuttavia, è stata rivista al rialzo dalla Guardia di Finanza di Monza in una comunicazione ufficiale recapitata ad Amazon il 23 dicembre, a seguito di un’ispezione fiscale. L’importo complessivo, comprensivo di sanzioni e interessi, raggiungerebbe i 3 miliardi di euro.

Ciò che desta maggiore preoccupazione nei vertici della multinazionale fondata da Jeff Bezos (con un fatturato di 187 miliardi di dollari e un utile netto di 20 miliardi di dollari nel 2024) non è tanto la cifra astronomica di 3 miliardi di euro contestata per “dichiarazione fraudolenta”, inquadrata ai sensi dell’articolo 3 della legge sui reati tributari n. 74 del 2000. Piuttosto, è l’approccio innovativo – e tutto da verificare sul piano giuridico – alla base dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero milanese Elio Ramondini. Grazie a un’analisi imponente effettuata dalla Procura con la potenza di calcolo di un elaboratore Sogei (Società generale d’informatica spa del Ministero dell’Economia), l’indagine punta i riflettori sull’algoritmo predittivo di Amazon, e in particolare sulla sua presunta noncuranza degli obblighi fiscali che incombono su chi, come Amazon, commercializza sul proprio marketplace in Italia prodotti di venditori extraeuropei (nello specifico, per lo più cinesi), senza però comunicarne l’identità e i dati all’Agenzia delle Entrate ai fini del versamento dell’IVA del 22% da parte del venditore extraeuropeo.

L’inchiesta milanese, di conseguenza, mette in discussione il modello di business di Amazon, con potenziali ripercussioni non solo in Italia, ma anche a livello europeo. Si configura, per certi versi, una questione di geopolitica economica nei rapporti tra Cina, Stati Uniti e Italia, qualora si rivelasse veritiera la stima accusatoria (basata sulle analisi elaborate con il computer Sogei) secondo cui oltre il 70% del volume di vendite online del colosso americano in Italia provenga da merci di venditori cinesi. Tale scenario, di fatto, relegherebbe ai margini del mercato le piccole imprese e partite IVA.

Amazon  è intenzionata a difendere la legittimità delle proprie procedure, avendo finora optato, tramite uno studio legale tributario, per la contestazione anziché per forme di transazione con il Fisco come quelle scelte in passato da altri colossi del web coinvolti in inchieste a Milano – ritiene impraticabile e inammissibile assicurare quel tipo di verifiche sui venditori su scala globale, e invoca a proprio vantaggio una risposta fornita in passato dall’Agenzia delle Entrate a un quesito. Inoltre, sottolinea come nessun altro Paese in Europa abbia finora sollevato una simile contestazione; e interpreta come non considerabili vendite a distanza quelle che, al momento dell’ordine online da parte di un consumatore, vedono la merce già presente nei magazzini sul territorio italiano grazie all’organizzazione logistica plasmata dall’algoritmo predittivo delle richieste dei consumatori.

Tesi che verosimilmente gli inquirenti contesteranno, sollevando dubbi sulla base giuridica in virtù della quale Amazon deterrebbe in Italia tali merci di venditori extra Ue, quasi fosse un unico, immenso deposito anticipato. Si preannuncia, dunque, un confronto giudiziario acceso e senza precedenti in questo ambito: non a caso, del resto, i 3 miliardi in gioco equivalgono da soli a quasi l’intero ammontare dei fondi recuperati in tutte le trentina di inchieste analoghe condotte dalla Procura negli ultimi sei anni.

Implicazioni e analisi

L’indagine della Procura di Milano su Amazon solleva interrogativi cruciali sul futuro del commercio elettronico e sulla regolamentazione fiscale delle grandi piattaforme digitali. L’accusa di frode fiscale per 1,2 miliardi di euro, che potrebbe lievitare a 3 miliardi con sanzioni e interessi, rappresenta una sfida senza precedenti per il colosso americano e potrebbe avere un impatto significativo sul suo modello di business.

L’elemento più innovativo dell’inchiesta è il focus sull’algoritmo predittivo di Amazon, considerato dagli inquirenti uno strumento chiave per l’elusione fiscale. Se l’accusa dovesse essere confermata, si aprirebbe un nuovo capitolo nella lotta all’evasione fiscale nel settore digitale, con potenziali implicazioni per tutte le aziende che utilizzano algoritmi per gestire le proprie attività.

La vicenda assume anche una rilevanza geopolitica, considerando il ruolo centrale di Amazon nel commercio globale e la sua posizione di intermediario tra venditori cinesi e consumatori italiani. L’inchiesta potrebbe innescare un dibattito sulle relazioni commerciali tra Cina, Stati Uniti e Italia, e sulla necessità di una maggiore trasparenza e controllo sui flussi di merci e denaro nel commercio online.

Infine, l’indagine mette in luce le difficoltà incontrate dalle autorità fiscali nel contrastare l’evasione nel settore digitale, un fenomeno in continua evoluzione e sempre più complesso da monitorare. La Procura di Milano ha dimostrato di essere all’avanguardia in questo campo, utilizzando strumenti tecnologici avanzati come l’analisi dei dati di Sogei per individuare e perseguire i responsabili di frodi fiscali.

Amazon e il Fisco: una svolta epocale per il commercio online?

L’indagine della Procura di Milano su Amazon rappresenta uno spartiacque nel mondo del commercio elettronico e della sua regolamentazione fiscale. Al di là dell’entità della presunta frode, ciò che emerge con forza è la centralità dell’algoritmo predittivo nel modello di business di Amazon e, di riflesso, la sua potenziale rilevanza ai fini fiscali.

Se l’inchiesta dovesse portare a una condanna, si aprirebbero scenari inediti per tutte le aziende che utilizzano sistemi algoritmici per gestire le proprie attività. L’algoritmo, da strumento di ottimizzazione e personalizzazione dell’esperienza cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere di eventuali violazioni fiscali, con conseguenze significative in termini di responsabilità e compliance.

Questa vicenda, inoltre, pone in evidenza la necessità di una riflessione approfondita sulle dinamiche del commercio online e sul ruolo delle grandi piattaforme digitali. Amazon, con la sua capacità di intermediazione tra venditori extra-UE e consumatori italiani, si trova al centro di un complesso intreccio di interessi economici e fiscali. L’indagine milanese potrebbe innescare un dibattito a livello europeo sulla necessità di una maggiore trasparenza e controllo sui flussi di merci e denaro nel commercio elettronico, con l’obiettivo di garantire una concorrenza leale e un sistema fiscale equo.

Guardando al futuro, è lecito attendersi un’evoluzione del quadro normativo e una maggiore attenzione da parte delle autorità fiscali nei confronti delle grandi piattaforme digitali. L’algoritmo, da “scatola nera” difficilmente interpretabile, potrebbe diventare uno strumento di controllo e verifica, con l’obiettivo di prevenire e contrastare l’evasione fiscale nel settore del commercio elettronico.

Questa vicenda, dunque, non riguarda soltanto Amazon, ma l’intero ecosistema del commercio online. Le sue implicazioni potrebbero essere profonde e durature, con un impatto significativo sul futuro del settore e sulla sua regolamentazione a livello globale.

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